giovedì 12 luglio 2012

Artisti di carta


3 – ARTISTI DI CARTA E GALLERIE DELL’INUTILE

Lo sport preferito della minoranza di artisti sud isolani, quelli che avevano lasciato libero il pensiero unico di annientargli i neuroni dopo avere frequentato l’irreale Accademia di brutta arte nel nord dell’isola o in continente, era quello di scopiazzare ricerche altrui traendone profitto anche economico senza citare fonti o matrici originarie, si facevano forti di pubblicazioni in senso classico che non esistevano, come insegnavano le querce accademiche senza regolare pubblicazione largamente diffusa su scala globale, una ricerca artistica anche se esisteva e resisteva nella memoria collettiva di fatto non esisteva, era invisibile,  in fondo cosa poteva contare mai un artista come te senza regolare pubblicazione a carico di contribuenti, sponsor o investitori privati?
Per queste reiette merdone era quindi logico copiare e riprodurre un idea, magari limandola e patinandola rispetto all’originale rifiutata dal sistema e non citando la fonte, se poi il titolare della ricerca snaturata ti beccava si poteva sempre invocare la a beata ignoranza e la scarsa curiosità verso l’altro, ci si poteva nascondere dietro un fasullo gallerista che a casa sua allevava ex studentesse di cui testava merito ed intelligenza prima durante pubbliche ed ipnotiche lezioni al buio sulla mancanza di luce nella pittura di Steineriana memoria, poi in base alla disponibilità alla frequentazione della sua casa galleria privata dove si ospitavano anche giovani e vecchi artisti che dovevano avere la qualità di eseguire senza battere ciglio e dovevano potere viaggiare, evadere dal Sud dell’isola e dall’isola stessa, destinazione nord Italia, irreale Accademia di brutte arti di Milano, in nome della qualità si sposava in pieno l’ideologia secondo la quale l’arte isolana non esisteva e non era mai esistita, rintanata ed isolata dagli stessi sardi, ci si rivolgeva ad una classe dirigente colonizzata disposta ad accettare passivamente l’ideologia socialista del pensiero unico d’artista in critichese imposto dal libero mercato dalle mani legate, che si materializzava concretamente sempre altrove, tutto pur di razzolare qualche spicciolo privato.

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