giovedì 5 luglio 2012

Il crollo del Madre, imploso nel suo sistema



Finalmente il Madre crolla dimostrando come siano interconnessi pubblico e privato nella cultura artistica italiana.


Twitt n° 1: “Tutti i servizi online del museo madre sono sospesi in quanto la fondazione e’ morosa e non paga i servizi ormai da anni”;
Twitt n°2: “Questo account twitter verrà cancellato entro due giorni. È stato un onore fornirvi questo servizio. Addio a tutti”;
Twitt n°3: “Intanto il consiglio di amministrazione della fondazione Donnaregina si è attribuito uno stipendio di 80mila euro a testa”;
Twitt n°4: “Ci teniamo a precisare che la protesta e il blocco dei sistemi online del madre non è effettuata dalla Scabec”;
Twitt n° 5: “Il blocco dei sistemi per protesta è effettuato dal professionista responsabile dei sistemi informativi del museo”.


Oggi invece sul profilo facebook del Madre si legge questo:



Uso improprio del profilo twitter del Museo Madre

pubblicata da Museo Madre il giorno giovedì 5 luglio 2012 alle ore 17.05 ·


Il Presidente della Fondazione Donnaregina, che gestisce il Museo Madre di Napoli, comunica ufficialmente che i tweet apparsi a partire da ieri, 4 luglio 2012, sotto l'insegna del Museo Madre, sono opera di intrusi ignoti. Il Presidente, a nome di tutto il museo, si scusa con i followers ed i lettori per gli inconvenienti, e comunica che la fondazione sta provvedendo a sporgere denunzia alle autorità competenti ed a ripristinare la situazione.

Pierpaolo Forte





Nessuno si è chiesto come mai il fallimento è coinciso con lo svuotamento delle opere presenti nel Museo che erano di privati?  privati che erano presumibilmente remunerati dallo stesso Madre o che investivano comunque capitalizzando la loro opera privata imposta in uno spazio pubblico, ragion per cui siamo in evidente presenza di un fallimento di gestione di logiche private all'interno del pubblico, ribadisco, giusto che chiuda e che gli artisti la smettano di pensare a spazi come questo sacri, non sono sacri e non sono assoluti, sono investimenti privati che si ricapitalizzano con l'aiuto dello spettatore inconsapevole e dell'ambizione d'artista....



Per l'occasione pubblico un vecchio dialogo con un amico risalente al 2006, quando collaboravo con Flash Art e tentavo di raccontare un altro sistema dell'arte possibile e si rifletteva proprio sulle tante ipocrisie che tenevano e tengono ancora in piedi strutture come il Madre, non solo in Italia, dove crolleranno una dietro l'altra, ma nel cuore dell'Impero dei mercati.



Domenico Mimmo Di Caterino:

 Osservando il sistema dell'arte dal tuo microcosmo
locale, per chi non ti conoscesse Fano, quale pensi sia attualmente l'anello forte del sistema
mercantile dell'arte, l'editoria specializzata o le gallerie
private transnazionali? 


Michele Omiccioli: 
è difficile rispondere, presupporrebbe una conoscenza dei meccanismi dall'interno che io non ho ancora.
Andando a naso, direi che la distinzione è abbastanza semplicistica.
Non si possono certo pensare le gallerie fuori da un contesto di editoria
specializzata che le contenga e le esalti internamente, che le
"attizzi" nel mercato.
In un sistema ben oliato e così spudoratamente autoreferenziale l'editoria ha bisogno di contenuti. E i contenuti pertengono alle gallerie, ovviamente. 

La carne fresca non nasce nel congelatore (ride).

 Domenico Mimmo Di Caterino:
fosse vero quello che ipotizzi, ossia che i contenuti dell'arte passino per le gallerie e per l'editoria specializzata piuttosto che semplicemente per l'arte e l'artista, questo potrebbe in linea teorica costituire un problema per la libertà della ricerca artistica contemporanea? 

Michele Omiccioli:
Certamente sarebbe un grosso problema, ed in parte lo è. Ma ci sono spiragli, ci devono essere. Anche le grandi gallerie hanno un ristagno ciclico che ciclicamente si spezza quando si avvicina l'asfissia; dopodiché diventa necessario guardare fuori. Ufficiale e sotterraneo si sono sempre parlati, in una sola direzione certo, ovvero nella direzione attraverso cui il fermento veniva attinto e istituzionalizzato. La libertà di ricerca è un'altra cosa, riguarda la propria ricerca come "artista", il proprio lavoro. Ma il problema di fondo rimane sempre quello, e la scelta da fare è l'unica: arte è solo un investimento o può essere anche investimento? Qui si gioca a mio parere la partita.

Domenico Di Caterino:
stai analizzando una condizione storica, il tuo ragionamento non fa una grinza, non sempre la storia persiste nel giusto, talora si autoconserva, pensa alla schiavitù o alla condizione della donna, queste sono problematiche che ciclicamente si riproducono in più di un contesto sociale.
Avanguardie storiche a parte, dal Umanesimo rinascimentale in poi, poco ci si è interrogati sulla condizione dell'artista, oggi sembra che l'essere artista sia una qualifica condizionata dal tempo che si passa in una galleria privata, ritengo il suo compito socio culturale un tantinello un poco più complesso non pensi?
Non si dovrebbe proprio parlare d'investimento, al limite di accrescimento....

Michele Omiccioli:
Accrescimento? In che senso? Su quali livelli? Fino a quale profondità? Molti artisti dimenticano che l'arte è in ultima istanza un passatempo. Come era un passatempo la sprezzatura di Baldesar Castiglione: un passatempo codificato che distinguesse l'acculturato ed il buono da ciò che non lo era. Per questa ragione io credo che si debba in una piccola misura parlare di gioco e di prodotto artistico. E' sempre stato così. Ma l'equilibrio tra istanze rappresentative e istanze di rottura non può essere stravolto a favore di una o l'altra parte. Un'arte completamente politica non parlerà alla tradizione e alla storia; un'arte completamente estetizzata non potrà svelare l'intima connessione con il tempo e il mondo a cui appartiene nel momento stesso in cui appare. Fare politica è sempre bene, ma in un contesto che si vuole artistico, la cosa riesce alquanto complessa, e deve esserlo.

 Domenico Mimmo Di Caterino:
proprio di questo ti parlavo, di accrescimento culturale dello spettatore mediante la comprensione del prodotto artistico.
Questa io la trovo già nel contempo un azione dal doppio intento, politico ed estetico.
Non condivido l'idea di gioco, sono in gioco concetti sociali fondamentali come quelli di libertà, tolleranza, rispetto, dignità ed identità culturale, non mi piace la strada della distinzione preferisco quella dell'incrocio dell'intersezione e meticciato all'idea di distinzione che mi fa pensare invece a rette parallele che non si incontrano mai....

Michele Omiccioli:

sono d'accordissimo sull'accrescimento culturale dei fruitori dell'arte, specialmente quella contemporanea. Ricordi gli spot del MADRE andati in onda in Tv? Il solito ammiccamento alle "opere d'arte che non si capiscono più" non mi fa ridere come vorrebbe quella pubblicità, mi pare scandaloso ammiccare a questo che è il vero dramma dell'arte di oggi, il buco nero da cui è divorata: l'autoreferenzialità. Quegli spot li ho trovati disgustosi; per un po' di pubblicità all'ingrasso si dice "venite pure che troverete pane per i vostri pregiudizi"... per quanto riguarda il discorso del gioco è un'idea molto generale che riguarda le solite domande sull'arte, è un gioco che senza autenticità della propria denuncia diventerebbe davvero sterile, un discorso a doppio binario come dici tu...

 Domenico Mimmo Di Caterino:
Quella che citi è una di quelle madri degeneri da denunciare al telefono azzuro, una madre che denuncia l'incomunicabilità con i propri figli quando in realtà tale situazione è figlia proprio della sua volontà di fare persistere una situazione limite.
La logica è la stessa di quelle grandi aziende che contribuiscono a fratturare e dividere il mondo, con finte crisi di coscienza creano poi delle fondazioni per la ricerca per guadagnarne in immagine anche nei confronti di quella fetta di umanità che si maltratta ed offende.
In altre parole il Madre alimenta il distacco e si presenta però come se lavorasse per ridurlo,
non trovi tutto questo inquietante? Gli artisti secondo te quanto sono consapevoli di questo? .

Michele Omiccioli:

bè in fondo lo sanno tutti che il sistema si alimenta di questo vuoto che scava per poi riempirlo.
Fa specie sapere che una grande multinazionale come la Novartis conosciuta com è per la sua scarsa propensione alla filantropia quando si tratta di business poi si premuri di dare lavoro ad un grande architetto molto sensibile alle tematiche ambientali dei propri edifici (ride di cuore)....
Tutti gli "artisti" sanno come gira il mondo artistico; magari vorrebbero solo un posticino da cui guardare il panorama, onestamente, con il riconoscimento del proprio lavoro. Il che non lo trovo così scandaloso.

 Tu lo vorresti il tuo posticino al sole? Cosa faresti per averlo? Conosco uno scultore Accademico giovane che ha cominciato ad esempio a piantare peni in erezione tra fiori, per intercettare il gusto di autorevoli collezionisti d'arte contemporanea partenopea..

Michele Omiccioli:

Sarei ipocrita se non lo ammettessi. Anche se peni artificiali nei miei quadri credo proprio che non compariranno mai...


www.equilibriarte.org/tommasoaniello
Domenico Mimmo Di Caterino è un artista attivista, dal 1997 portavoce del P.A.AFF. (Posse Precaria Artisti Affamati, ex Mario Pesce a Fore).

www.equilibriarte.org/koneman
Michele Omiccioli è nato a Fano (PU), dove vive, nel 1981. Autodidatta della pittura, laureato all'Università degli Studi di Urbino in Lettere Moderne con una tesi sul romanzo Corporale di Paolo Volponi nel 2005. Prima personale nel 2003 presso la Galleria "La Contea" di Fossombrone.


Domenico Di Caterino

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