martedì 30 ottobre 2012

Rotte di sinistra possibile di G.Angelo Billia

CHIARIAMOCI
La situazione a sinistra è indubbiamente complicata, ognuno ha da difendere le proprie legittime convinzioni e le scelte organizzative conseguenti. Bene, non è un problema, è giusto partire da qui, dall’esistente. Sul versante opposto la borghesia procede, pur con le sue contraddizioni interne, a sviluppare un’azione unitaria per demolire lo stato sociale e assicurarsi la continuità del potere neutralizzando qualsiasi istanza d’emancipazione.
Durante la lotta di liberazione le organizzazioni antifasciste crearono un punto d’incontro nel CLN, luogo nel quale ognuno, mantenendo la propria specificità politica e organizzativa, contribuì a garantire l’unitarietà della lotta antifascista. Anche allora le cose erano complicate, ma c’era la semplificazione oggettiva del bersaglio da colpire: c’era una guerra scatenata dai fascisti, vent’anni di dittatura e parte del territorio nazionale occupato militarmente dai nazisti coadiuvati dai fascisti di Salò. 
Oggi la situazione è molto più confusa, il dualismo Italia-Europa proposto artatamente da molti, non solo in campo avverso, porta ad un primo sdoppiamento d’obiettivo: Euro o no? Europa o no? E’ pur vero che a sinistra sono pochi quelli che cascano nella trappola, ma è un problema presente e coinvolge le masse. 
L’avvento di Berlusconi, Capo del Governo, in quanto esponente diretto della classe dirigente, ha posto un altro problema di non facile soluzione. L’avversione per le misure del Governo si è personalizzata, quindi, caduto lui, molti si sono illusi che il peggio fosse passato. Questa è una delle ragioni che spiegano il credito popolare, sia pure temporaneo, all’operazione “Monti salva l’Italia”.
La crisi di sovrapproduzione ha favorito la crescita a dismisura del capitale finanziario e quest’ultima s’intreccia con la lotta, condotta senza esclusione di colpi, che vede contrapposti gruppi di potere internazionali. Il tutto ha permesso a Monti, ma non solo a lui, di stornare l’attenzione dall’elemento di fondo, le condizioni di vita e di lavoro, la disoccupazione e l’insufficienza della retribuzione quando il lavoro c’è. 
Il debito pubblico, in quanto tale, è composto in massima parte dal capitale finanziario. Se questo è vero è anche vero che un suo azzeramento forzato danneggerebbe in massima parte solo gli speculatori. Questa è la ragione per la quale Monti ha incentrato il suo intervento per salvarlo, cioè garantire gli investimenti speculativi e contribuire ad ulteriori guadagni, come si è visto anche con l’operazione di finanziamento europeo delle banche. Purtroppo accade che un’infima parte del debito sia composta anche dai risparmi dei lavoratori. Una piccola parte, ma tale da legare psicologicamente settori consistenti del paese al timore di perdere i propri risparmi. Purtroppo sappiamo che le misure di Monti porteranno allo svuotamento progressivo del valore di questi risparmi a tutto vantaggio degli speculatori. Resta il fatto che, in mancanza di chiarezza, i piccoli risparmiatori, elettoralmente parlando, si orientano verso l’area politica montiana.
Nel contesto appena accennato, spicca per diligenza il Capo dello Stato. La sua opera, incentrata sulla promozione della politica montiana, favorisce l’idea che il problema siano “ i conti in ordine” facendo digerire psicologicamente quella che appropriatamente è stata definita macelleria sociale.
I partiti politici presenti in Parlamento continuano a spendersi per difendere queste scelte distinguendosi fra di loro più sulla forma che sulla sostanza. Non inganni l’apparente eccezione della Lega e IDV. Quand’è stato il loro turno di governo hanno dimostrato la stessa vocazione degli altri partiti, nel contingente possono permettersi qualche volata in avanti per racimolare un po’ di voti in più e contare maggiormente nella spartizione.
Nell’operato di questi partiti, nella corruzione, nel malaffare, nella sostanziale impunità é condensata l’arroganza di chi è saldamente sul carro del padrone. Questo elemento è anche quello che maggiormente attrae l’attenzione, elettoralmente parlando. Di qui l’astensionismo crescente e le fortune di partiti che su questi elementi stanno costruendo il loro consenso.
In questa situazione, a mio giudizio appare chiaro che la costruzione di un fronte elettorale sul modello del CLN, pur essendo meglio di niente è inevitabilmente una scelta minoritaria. Se tutto andasse bene porterebbe al massimo alla somma dei voti delle varie sigle. Per fare il salto di qualità-quantità è necessaria una piattaforma politica costruita partendo dal modo di sentire delle masse, piattaforma nella quale ognuno rinuncia a un po’ della propria individualità di partito a favore di un vincolo collettivo. In caso contrario, qualora anche strappassimo una rappresentanza in Parlamento, non sarebbe espressione della sinistra d’alternativa, ma di una parte di essa e porterebbe in sé il germe di successive divisioni.
Francamente, quella che ho delineato è storia vecchia, non più proponibile in un contesto in cui l’unico modo di incidere è un fronte della sinistra programmaticamente monolitico. Credo che in quest’azione non ci sia spazio per “i più” e “i meglio”, costoro, se ci sono, facciano pure la “rivoluzione” per conto loro.

G. Angelo Billia

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