lunedì 14 gennaio 2013

Artisti inconsapevoli di chi fossero.



L’arte moderna è stata un’arma nelle mani della CIA.
Questa è la notizia omessa, la storia non scritta, lo stile subito con la complicità di chi ha preferisce il teorema complicato per piegare popolo e comunità imponendogli di ccettare le le brutture dallo stile e il pensiero unico dell’arte contemporanea.
Ancora oggi, sostenere che la CIA ha tramato per far emergere la spazzatura artistica americana con a traino quella Europea costretta a seguire logiche di mercato dettate dal boom economico, viene come me deriso da addetti ai lavori e termina per beccarsi l’accusa di visionario e mitomane complottista se non di terrorista.
Il nodo storico è quello che va dall’espressionismo astratto sino al postmodernismo, quindi appena dopo la seconda guerra mondiale.
Tramontato  il clima della guerra fredda, sono venuti alla luce fatti ioccultati per mezzo secolo.
Mettiamo a fuoco dei personaggi, Peggy Guggenheim:
 Ebrea che seppe utilizzare i suoi soldi.
Aveva una rendita che,  oggi sarebbe di circa 5 milioni di dollari, tra i Guggenheim era considerata una indigente.
Philip Ryland, direttore del Peggy Guggenheim Collection a Venezia, sostiene che Peggy per la sua collezione di quadri moderni  non spese più di cento mila dollari del dopoguerra, oggi equivalenti a  un milione e mezzo di dollari.
Cosa indusse Peggy  a preferire nel 1943 lo sconosciuto Pollock che realizzava quadri fedeli alla sua pazzia e della sua perenne sbornia?
I suoi quadri vennero inseriti dai critici nella corrente dell’espressionismo astratto made in USA.
Durante la grande recessione in America molti artisti erano mantenuti dallo stato, lo scopo era quello di togliere dalla disperazione persone che con  carisma avrebbero potuto infiammare una rivoluzione.
A guerra finita nessuno tra i pittori “figurativi”, come ad esempio il bravissimo Thomas Benton, venne preso in considerazione.
A Peggy  quella scelta fu suggerita per mettere a tacere l’arte vera che mostrava la realtà della miseria americana  durante la grande recessione del ’29.
Sappiamo che i suggeritori  abilmente piazzati dalla CIA in posti strategici.
 Non potevano certo essere i quadri di Pollock ad entusiasmare gli esperti d’arte come Berenson, in una Europa alla fame, si trattava piuttosto del profumo del denaro dei Guggenheim.
Denaro e  profumo che non provenivano solo dalla non ricchissima Peggy, ma dal supporto CIA.
Peggy provocò all’arte un danno maggiore di quello causato da invasioni barbariche, perché distrusse il senso della ricerca artistica e del bello.
Non è stato solo il ghiribizzo di una ricca ereditiera svampita, in cerca di sensazioni e artisti che la montassero, è stata una scelta criminale che ha distrutto il senso dell’arte.
Assegnando alle persone un ruolo improprio si ottiene conseguenze funeste.
Pollock stesso è stato vittima di quella scelta impropria. 
Operazione vistosa ed efficace condotta che ha coinciso con l’indebolimento della borghesia nel dopoguerra.
Il successo enorme al di là della aspettative ha  coinciso con l’annientamento del senso del bello e del gusto estetico.
Bellezza e buon gusto poco apprezzati dalla classe dei nuovi ricchi, privi di cultura e favorevoli ad un’arte “nuova”, che ignorasse scomodi richiami alla cultura ed alle tradizioni.
L’operazione ebbe una tale fortuna che oggi un quadro di Pollock ha raggiunto la quotazione massima mai raggiunta da un dipinto: 140 milioni di dollari.
La CIA realizzò una fortificazione ideologica del mondo occidentale, ma  non dimenticò l’obbiettivo di sostituire l’anima europea togliendole ogni velleità di indipendenza.
Furono  i francesi a fornire agli americani gli strumenti per questa azione, aspiravano ad un ruolo di predominio nel mondo dell’arte, della cultura e della moda, elaborarono nuovi stili nelle arti visive, nella musica, seguendo la volontà di dissacrare l’arte di ieri.
Gli americani,  ci si buttarono, in quel modo facevano tabula rasa di tutta l’arte del passato, una eredità enorme contro la quale non potevano combattere .
Da dove veniva la ricchezza che affliggeva artisti, critici e galleristi che si dedicavano all’arte?
Sembrava che tutto il merito dovesse essere ascritto al mercato.
Denaro usciva dalle casse della CIA e quindi dai contribuenti americani, per alimentare un’arte che in realtà prefigurava il declino dell’ occidente.
L’operazione fu radicale,  venne dimenticata anche l’arte americana figurativa, ispirata alla tragica recessione del ’29 ed oggi  confinata nei musei.
Non ci si deve troppo scandalizzare se la CIA sia entrata anche nella creazione artistica del mondo occidentale, che stava per essere fagocitato dall’Impero Sovietico.
La posta in gioco per l’Occidente era la sopravvivenza della libertà per tutta l’Umanità, in realtà questa difesa della libertà coincideva con la volontà di estendere il dominio degli Stati Uniti su tutto il pianeta.
Ciò che solleva indigna è che la CIA, scegliendo una linea artistica deprimente, arrivò a distruggere tutta l’arte occidentale pur di opporsi all’arte sponsorizzata dai comunisti.
Anzi iniziò dalla distruzione dell’arte proprio negli Stati Uniti, questo ci dice che per gli americani l’arte non aveva alcun valore in sé e quindi se ne poteva disporre a piacere per ottenere uno scopo, nella fattispecie vincere la competizione con il comunismo, se  da questo relitto di arte si potevano trarre anche guadagni meglio.
Unico valore che ha l’arte è dato è oggi  quanto viene pagato per acquistare.
L’arte occidentale doveva rappresentare i caratteri distintivi dell’Occidente capitalista. I caratteri si vollero trovare nell’estremo personalismo, da rendere quasi impossibile comunicare, non avendo l’arte prescelta un linguaggio comprensibile nulla da dire.
Il capolavoro politico fu che proprio le inconsapevoli sinistre dell’occidente furono indotte a sposare le direttive, che oggi si sono rivelate  emanate direttamente dalla CIA:
"L’Espressionismo astratto rappresentava l'antitesi allo stile realista imposto agli artisti del blocco comunista e un'alternativa al dominio dell'Europa, in particolare di Parigi, nel mercato dell'arte".
Il Dipartimento di Stato americano si appoggiò alla CIA, che utilizzò vari canali, primo tra il 1940-50 il MoMa, attraverso il presidente Nelson Rockefeller, collezionista degli Espressionisti astratti, durante la guerra capo dell'agenzia di spionaggio per l'America Latina.
Dal 1950, per circa venti anni, la grande maggioranza degli americani non gradì e disprezzò l’arte moderna.
Gli artisti? molti erano ex comunisti difficilmente accettati nell’America dell’era del McCarthismo. Persone che non avrebbero ricevuto sostegni diretti dal governo degli Stati Uniti, funzionali nella guerra di propaganda contro l’ Unione Sovietica; questo nuovo movimento artistico sinistreggiante aveva la possibilità di costituire una prova della creatività, della libertà intellettuale e della forza culturale degli USA.
L’arte Russa, confinata nella ideologia comunista piaceva al popolo ma non avrebbe potuto competere.
 La prima conferma ufficiale da parte di un ex funzionario della CIA: Donald Jameson.
All’insaputa degli artisti venne applicato il sistema del “guinzaglio lungo”, con sostegni indiretti come attuato ad esempio con i periodici "Encounter", pubblicato da Stephen Spender e "Tempo Presente" diretto da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte.
Venne svolta apertamente un’attività di sostegno alla nuova arte Americana.
Nel 1947 il Dipartimento di Stato organizzò e finanziò un mostra internazionale itinerante chiamata “Progressi dell’Arte Americana” per smentire la tesi Sovietica che l’America fosse un deserto culturale.
La mostra fu oggetto di una forte critica in patria, con Truman (e la sua famosa frase in cui diceva di essere un Ottentotto se quella era arte), che ad un convegno dichiarò: “io sono appunto uno stupido Americano che paga le tasse per questo genere di spazzatura”.
La mostra itinerante venne cancellata.
Questo gettò discredito sull’immagine di un’America che si voleva patria di democrazia complessa e ricca. 
Questo aveva impedito al governo statunitense di portare la supremazia culturale da Parigi a New York sin dagli anni ’30.
La CIA venne impegnata per risolvere il problema
La decisione di includere l’arte e la cultura nelle armi statunitensi impegnate nella Guerra Fredda, venne presa appena la CIA fu fondata nel 1947.
La nuova agenzia creò una divisione: la Raccolta dei punti di Propaganda, che poté esercitare la sua influenza su oltre 800 testate di giornali, riviste e agenzie di informazione, la CIA premeva un bottone e il taglio critico di propaganda si sentiva in tutto il mondo.
Nel 1950 a capo dell’ International Organisations Division (IOD) fu messo Tom Braden.
Questo ufficio sovvenzionò la versione teatrale della Fattoria degli Animali di George Orwell, sponsorizzò gli artisti del jazz americano, i recital teatrali, le tourné internazionali dell’Orchestra sinfonica di Boston.
I suoi agenti vennero piazzati nell’industria cinematografica e nelle case editrici, sostenne anche il movimento dell’avanguardia anarchica, oltre al già citato Espressionismo Astratto.
Nell’immediato dopoguerra in Europa, dopo l’epurazione culturale contro nazismo e fascismo, sopravviveva agli occhi dei vincitori solo l’arte francese.
In realtà c’era anche l’arte italiana, che aveva conosciuto un periodo di grandezza, l’Italia era messa da parte perché aveva creato il fascismo che sul piano ideologico era stato un pericoloso nemico del capitalismo, perché più esportabile del nazismo.
Dell’arte tedesca neppure parlarne, l' inglese era inesistente. Restava  la Francia che, per la sua civetteria aveva la colpa di essersi dedicata da qualche decennio a distruggere tutta l’arte precedente, compresa quella del periodo d’oro francese nella seconda metà del XIX secolo.
Nel dopoguerra il mercato di New York per i quadri d’autore superò quello di Parigi.
Essere arrivati al punto di aver creato una non-arte che fosse un’arma nella guerra fredda è stato un crimine contro l’umanità.
Dai tempi più remoti sino alla seconda guerra mondiale l’arte ha avuto finalità  ideologiche, religiose, celebrative, ma non è mai stata falsata per essere solo strumento, solo un’arma nella contesa politica.
Prima era ovvio che l’arte dovesse piacere alla gente, la CIA riuscì a sovvertire il concetto di arte, sostituendola con il brutto, l’ irrazionale e la nullità dei significati.
Imposta da uno stuolo di personaggi camuffati da pensatori, oggi sappiamo essere stati  gente ignobile che non sapeva chi pagava il conto.
La deformazione imposta all’arte avvenne secondo premeditate linee guida dettate dalla psicoanalisi sociale, distillata dalla psicoanalisi freudiana e promossa al rango di scienza esatta.
L'arte arrivata all’attuale punto di degrado per opera di gruppi votati al dominio totale del mondo, ci induce a pensare che siamo passati dalla prospettiva di una aperta dittatura globale comunista ad una dittatura mascherata da libertà, mettendoci tutti al servizio del capitale senza regole e senza legge, ovvero la legge della rapina globale legalizzata.
 I propositi dell’utopia comunista non erano meno distruttivi, ma avevano un punto a loro favore: l’arte doveva servire a convincere le masse ad aderire al comunismo e quindi doveva essere un’arte, negli aspetti formali, gradita alle masse. Si trattava di un’arte umana.
Ma agli artisti occidentali dichiaratamente di sinistra, non è mai andato a genio doversi adattare a soddisfare i gusti delle masse, hanno preferito in sordina, solleticare i desideri inconfessati dei capitalisti, che pagavano il conto  abbagliati dai successi finanziati dalla CIA.
Il compito di dialogare con le masse in Occidente è stato consegnato alla pubblicità, ai fumetti, ai cartoni animati, alla musica leggera, all’architettura del restauro, insomma a costole del linguaggio artistico, va riconquistato.
Il linguaggio dell'arte non può dialogare solo con se stesso e con i pochi iniziati.


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