mercoledì 20 febbraio 2013

Artisti ribelli o megafoni del potere e di partito?


Il sistema dell'arte occidentale nelle sue protesi di committenza politica o di mercato, viene giudicato in base alla partecipazione e alla produttività, premia l'artista conforme e conformista nei confronti di concetti e postulati che garantiscano la sopravvivenza del sistema e di sue inutili figure, ovvero quelle figure d'intermediazione di base che favoriscono le dominanze (critici, curatori, galleristi, artisti politicanti, politici, assessori, comunque sia intermediari).
Nei sistema scolastici dove si fa didattica dei linguaggi dell'arte come nei sistemi di valore simbolico accreditato dal mercato, il risultato del linguaggio dell'arte sembra lo stesso: allontanamento dell'atto professionale dall'oggetto prodotto (non importa io chi sono ma cosa so fare) e la monotonia o l'automatismo del gesto (l'iconicità seriale è più produttiva dell'iconoclastia).
 Questo porta a una configurazione di uno scenario artistico contemporaneo privo di spontaneità, d'immaginazione creativa e in definitiva di noia dettata dalla professione.
Insomma la professione dell'artista appare impossibilitata a sottrarsi all'ingranaggio del sistema di mercato (anche politico e sociale) dell'arte, questo porta l'arte e gli artisti rifiutati, verso una direzione di depressione e violenza iconica e gestuale.
 Molti artisti non gratificati dal sistema di mercato e non gratificati dal sistema socio-mercantile dell'arte, trovano gratificazione nell'impegno politico o sindacale, la militanza illude di uno scopo, di lavorare per il comune e per un mondo migliore, ma quanti artisti inquadrati nella lotta sono veramente autonomi? Sovente sembrano e appaiono incapaci d'informarsi e operare al di fuori di recinti, durante le riunioni pubbliche sembrano spiccare e brillare per memoria e conformismo, sembrano non volere o potere immaginare per continuare ad appartenere al gruppo che rappresentano, il rischio è che gli si etichetti come anarchici, sinistorsi e utopici.
Triste vedere l'energia creativa costretta a obbedire a leader, maestri, padri ispirati e uomini della provvidenza, insomma con quale dignità si contestano le strutture gerarchice di dominanza per poi inserirsi in una struttura gerarchica di dominanza?
Esiste un conformismo creativo rivoluzionario e ribelle così come esiste un conformismo conservatore.



Bisogna per trasmettere il reale senso dei linguaggi dell'arte, liberare e liberarsi dagli ammassi ingombranti dei valori eterni, giovani e nudi ma ricchi d'acquisizione del passato, ogni uomo a qualsiasi età potrà dare al mondo il suo contributo artistico e creativo.
 Il suo segno creativo gli permetterà di scoprire e acquisire coscienza e conoscenza interattiva e non solo utensili di lavoro.
La creatività, non può essere un lavoro, appaga un desiderio e non un bisogno, l'artista desidera il suo prodotto e non ne valuta preventivamente i bisogni, non si sottomette e non si autoammanetta all'autorità socioculturale e di mercato che lo ha deformato a norma di legge del comportamento sociale.
Smettiamola di confondere "la creazione d'informazione" che controlla artisti, linguaggi artistici e prodotti con la "mineralizzazione stratificata degli spazi culturali".
La nostra progressione artistica e culturale, che lo si voglia o no, è prodotta dai CALCI IN CULO DELLA NECESSITA'!
Il quotidiano del cittadino, del docente come del discente, del Maestro come dell'allievo l'ha seguito a passo di marcia.
Serve una cultura che sappia marinare la burocrazia scolastica per muoversi tra i cespugli dell'immaginario e del desiderio, altrimenti non c'è esistenza o linguaggio dell'arte che tenga.

2 commenti:

  1. liberiamoci e basta. direi che fare arte oggi e' molto difficile non vedo un principio di condivisione ma soltanto l'umano tentativo di emergere di conquistarsi il podio. comunque pensando positivo dico che quando si incontrano situazioni come tavor art mobil un sorriso mi torna sul volto e il piacere di fare qualcosa supera di gran lunga il sistema vigente, un sistema che si rispecchia un po ' in ogni situazione dellea vita. a volte credo che sia meglio fare che parlare ,altre volte preferisco il non fare , per concludere sono al fianco di tutti coloro che ci provano con dignita ' ma mi picciono molto anche i fuorilegge , quelli obbligati ad esserlo e non giudicare piu' nessuno, poiche io potrei diventare uno di loro., mi chiedo cosa stia scrivendo, viva tavor ciao mimmo.

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    1. Ci muoviamo domandando e questo alimenta il nostro movimento.

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