sabato 2 marzo 2013

Linguaggio dell'arte? Bene pubblico nell'era del sapere diffuso

Il sapere è il mezzo che ti consente di misurare le cose, i fatti, la logica, le situazioni in una altra dimensione. Questa è l'intelligenza che si nutre di una scuola "ad arte", nel senso rinascimentale del termine, studiare teorie e la pratica del fare applicativo che la fanno linguaggio del fare, sviluppando così saperi e coscienza.
Le scienze linguistiche dell'arte andrebbero applicate dagli artisti nel luogo in cui vivono nell'epoca del sapere diffuso, questo è l'unico modo possibile di determinare un sapere del fare artistico che incide in maniera concreta.
La diffusione e la rete possono concretizzare un linguggio artistico localizzato altrove.



Siamo davanti una mutazione meta-testuale del linguaggio artistico, della sua cultura processuale e della sua dialettica di scambio e di pensiero, volenti o nolenti l'arte e il suo sistema di diffusione sta diventando qualcosa di diverso. La trasformazione è epocale e non ci si può illudere di rifiutarla.
Un problema dei Licei e delle Accademie è che spesso non si lavora con gli studenti con lo strumento di comprensione dei linguaggi dell'arte attraverso il loro fare, per orientarli, per orientarsi e per capirne il senso.
La "sensibilità" del fare linguaggio porta a comprendere il linguaggio.
La rete e il web 2.0 da questo punto di vista diventano fondamentali, licei ed Accademie dovrebbero servirsene di più, in qualsiasi luogo è possibile fruire dei linguaggi dell'arte, dei Musei, delle mostre, degli stessi artisti con cui puoi facilmente entrare in contatto virtualmente.
Il sapere va condiviso con i mezzi che si hanno a disposizione nel quotidiano, con supporti mobili come iPad e tablet, appunti e elaborati plastici e pittorici durante la loro gestazione possono essere condivisi e consultati on line dai docenti e dagli stessi studenti, in questo modo si migliora la comprensione e condivide la ricerca e la conoscenza.


Il linguaggio dell'arte muta, gli artisti hanno una capienza di apprendimento sempre maggiore, ma sono inabili difatti al fare linguaggio dell'arte, non riescono a sintetizzare in gesti e/o segni le loro conoscenze, la mutazione è dovuta al fortissimo consumo della tv e dei nuovi media digitali.
Usano (o forse subiscono) il linguaggio delle icone, scrivono per immagini e non articolano parole o scrivono pensieri diretti a sostegno della loro produzione, se non con sintesi estrema (che non c'è nel loro fare).
L'artista che perde le parole che rappresentano il suo fare rischia di perdere anche il concetto che c'è dietro il suo fare.
Si supera la dissociazione del sé soltanto se si evita la costrizione di un libro di testo da portare ad un esame.
Il pensiero dell'artista che verrà non sarà più lineare, ma reticolare e associativo, motori di ricerca relazionano a decine di fonti in contemporanea, il processo di elaborazione dei dati da consumare per le identità che verranno saranno sempre frutto di un pensiero interconnesso.

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