venerdì 16 agosto 2013

I media digitali integrati stanno distruggendo i linguaggi dell'arte


I media digitali integrati stanno distruggendo i linguaggi dell'arte

Bisognerebbe ripartire dal medioevo, fare in modo che l'artista contemporaneo, in quanto professionista, sia in grado di orientare e auto-orientare il percorso dei suoi sogni, che all'interno del suo bipolarismo sappia distinguere tra il sogno naturalmente vero e il sogno falso e indotto dai media, uno è utopia divina endogena, l'altro è diabolicamente esogeno e tentatore.
Il sogno diabolico conduce sia il consumatore che il produttore di un contenuto artistico verso la perdizione del sé.
 Gli artisti visivi del terno millennio, globalizzati, in nome della loro competenza e professionalità, sappiano dire fine alla "guerra delle immagini" imposta da poteri politici e economici sotto forma di committenza (quale strumento economico migliore per ordinare i sogni e le visioni?) e che sappiano in nome di una grammatica del linguaggio artistico comune in comune con il loro territorio farsi comprendere, provocando rappresentazioni e identificazioni collettive, che sappiano riconsegnare il linguaggio artistico all'antico ruolo di strumento di relazione simbolica, riconoscendo nella comunità lo strumento che ne attesta il valore.
Questo "altro artista" in mutazione genetica contemporanea deve avere bene presente cosa sia l'attuale sistema dell'arte contemporanea con i suoi "addetti ai lavori" e deve avere sviluppato coscienza, consapevolezza e autodeterminazione del proprio ruolo sociale e culturale, questa è la traccia di partenza sulla quale fare comparire il proprio mito personale da installare sul proprio territorio, questa è la genesi dei differenti nodi di rete di un "Altro sistema dell'arte".
La creazione artistica e lo sviluppo di un proprio linguaggio dell'arte sono la risposta naturale di un artista ancora indigeno alle immagini che il sistema mercantile dell'arte contemporanea somministra con forza in nome di una erronea e presunta idea di professionalità.
 Questa lunga premessa per arrivare a dire che solo l'artista indigeno ha gli strumenti per difendere immaginario e capacità d'immaginazione davanti alle strategie del mercato globalizzato e del pensiero unico dell'arte, che dalla rivoluzione industriale a oggi, in maniera diffusa, lo depredano del proprio linguaggio.
 Il linguaggio di un artista è il frutto di una relazione tra l'immaginario e la memoria dell'artista, tra la memoria dell'artista e l'immaginario collettivo che vive nel quotidiano, questo è l'asse sul quale deve e può operare per resistere alla colonizzazione dell'immagine e del suo immaginario, da anteporre a quello del finto artista immaginato dall'alto.
Ovviamente ogni opera in quanto linguaggio ha tatuata su di sé il marchio dell'autore, che la rende riconoscibile e simpatica, questo passando per immagini e mappe concettuali di chi a essa si rapporta e da essa viene sollecitato e stimolato, questo è il ruolo dell'arte e dell'artista oggi, quello di liberare l'immaginario.
Il pericolo è proprio incredibilmente nei nuovi media integrati, nella loro produzione per finalità economiche e politiche, la loro diffusione immaginata e imposta di artisti finti e fuorvianti che avallano una idea di linguaggio artistico non reale, finto, plastificato e inquinante che arriva a debellare nel concreto quotidiano l'arte e gli artisti, un attacco batteriologo, chimico e nucleare al più antico dei nostri linguaggi, la morte dell'io funzionale e la sua sostituzione con l'io finzionale, la progressiva perdita del proprio immaginario e della propria memoria.
In fondo come si può fingere di considerare come la finzione e le nuove tecnologie interagiscano?
Sarà sempre più complicato per l'artista vero fronteggiare le innovazioni tecnologiche mosse dal capitale finanziario, attraverso di esse si è sdoganata la felicità per tutti in nome del tempo e del tempio presente e si è fermato il futuro e la libera ricerca artistica.

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