venerdì 30 agosto 2013

Ingegnere informatico? Nemico dell'artista.

I linguaggi dell'arte sono fatti di attività pratica fondata su capacità e spirito di collaborazione, quella tra l'osservato e l'osservatore (osservatore è anche lo stesso artista nei confronti del suo fatto linguaggio pratico), la collaborazione di sguardi e visioni è in grado di sopperire anche alle eventuali carenze strutturali tecniche  e pratiche di un artista, collaborare significa comprendere e rispondere.
 L'artista contemporaneo 2.0 ha molteplici canali di comunicazione, ma quanta reale capacità di comunicare? Il contesto operativo è di globo interconnesso ma fortemente tribale, i social network incentivano la presa di distanza dalla differenza e la vicinanza per identificazione, questo può portare alla degenerazione ideologica del linguaggio, all'ideologia come limite per la ricerca artistica; di fatto un linguaggio artistico è un mosaico che certe volte non s'incastra perfettamente, ideologie e tribalizzazioni del gusto rischiano d'impoverirlo.
 Il web schiavo dell'immagine è fondato sulla mentalità tribale e ci induce a credere verità su un linguaggio di un artista a volte senza che l'artista si esprima direttamente, ci si muove schiavi di fantasie indotte che generano la paura dell'esclusione dalla comprensione, per poi ritrovarsi schiavi di un pensiero unico globale comandato a bacchetta.
 L'unica cosa che in questo contesto può tutelare i linguaggi dell'arte e lo scambio dialettico  tra gli artisti delle loro ricerche, solo questo può consentire oltre le logiche omologanti del pensiero unico di rappresentarli nell'insieme.
L'artista chiuso in se stesso, che rifiuta il confronto tenderà naturalmente a un linguaggio del gusto omologato, insomma artisti uguali e neutri impossibilitati a relazionarsi tra loro, questo succede oggi a gran parte degli artisti visivi.
Il mercato dell'arte tende a neutralizzare le differenze e le traiettorie di ricerca linguistica dell'artista, questo dall'età moderna e la rivoluzione industriale, dove l'angoscia del linguaggio dell'artista si è intrecciata con la cultura del consumo globale che l'elevava a consuetudine, depredando lentamente gli artisti dalla volontà di libero scambio e confronto; risultato la possibile perdita dei linguaggi dell'arte nella loro moltitudine naturale.
Serve in questo momento storico che gli artisti sappiano rappresentare momenti di ritualità collettiva e di collaborazione dinamica sui quali lavorare; non è semplice, migliaia di artisti approdano e si formano nel cyberspazio pieni di sé e la loro produzione mira esclusivamente alla volontà di farsi osservare consensualmente, bisogna invece incidere su schemi imposti dalla blogosfera, evitare di cedere alla logica di una forzatura di una opinione su un altra (l'atto del bannare quante esclusioni e possibilità di libera circolazione del linguaggio preclude?) e concedersi a un reale scambio che rappresenti un arcipelago che rappresenti sul serio la realtà della moltitudine connivente dei linguaggi dell'arte contemporanea.
Il web è per sua struttura asimmetrico e tende a eliminare reazioni dialogiche e critiche, confina in riserve e sacche di sistema il divergente, tende a piegare il linguaggio dell'arte e non a piegarsi ai suoi umani e strutturali bisogni, bisogna che gli artisti sappiano rifiutare o modificare progetti e contesti sociali imposti loro da ingegneri informatici.


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