lunedì 28 ottobre 2013

Le Nazioni Unite? Non pagano!


Gentile Direttore,
sono rimasto piuttosto sorpreso nell’apprendere che “Le Quattro Giornate del Cinema di Napoli”, giovane e meritorio festival di cinema che intende innescare una riflessione sul rapporto tra cinema, giovani e mondo del lavoro, dedicasse un evento speciale alla proiezione di un documentario, “the Earth: our home, realizzato nel 2010 da ACT Multimedia di Cinecittà e da OCCAM di Milano per conto delle Nazioni Unite (almeno stando ai comunicati stampa) e scritto dallo sceneggiatore Vincenzo Cerami, com’è noto, recentemente scomparso.
In effetti mi è sembrato un discreto paradosso.
Il punto è che io sono il montatore del documentario in questione (che è sostanzialmente un film di montaggio, nel senso che assembla materiali visivi tratti da grandi film della storia del cinema) e, per il lavoro che ho svolto senza soluzione di continuità per circa 4 mesi e per cui spesso mi sono dovuto trattenere anche la sera, non ho percepito ancora il becco di un quattrino.
Ѐ da tre anni che chiedo ai produttori del film di venire pagato, anche attraverso la mediazione di un avvocato, ma Act Multimedia, OCCAM e Nazioni Unite (che peraltro sostengono di non avere nulla a che fare con il documentario) rispondono in maniera confusa e/o si palleggiano le responsabilità, nel più classico degli “scarica barile” all’italiana.
Ora, immagino che nella mia situazione si trovino tante altre persone, e che una storia come quella che ho appena raccontato suoni, ahimè, sin troppo familiare ai tanti giovani cineasti che in questi giorni affollano la neonata kermesse partenopea, abituati a non vedersi riconosciuti alcuni tra i diritti più elementari di un lavoratore, come avere un contratto e ricevere un compenso.
Proprio per questo motivo mi sembra(va) importante segnalare ad un festival così esplicitamente orientato ai problemi del lavoro che, se addirittura i produttori di un film “realizzato per conto delle Nazioni Unite”, a cui hanno preso parte premi Oscar del calibro di F. Murray Abraham, Vittorio Storaro e Ennio Morricone, ritengono non sia necessario stipendiare i propri principali collaboratori e continuano a presentare il loro film a festival e televisioni come se nulla fosse (guadagnandoci in prestigio e in immagine), beh, forse una seria riflessione sull’argomento qualcuno dovrebbe/potrebbe cominciare a farla.
Credo che la “mission” di una kermesse come quella partenopea, oltre a sostenere iniziative intese ad agevolare l’ingresso di giovani cineasti nel mondo del lavoro e favorire la costituzione di una rete di professionisti dell’audiovisivo, dovrebbe consistere anche nell’incoraggiare e promuovere una cultura della trasparenza, della legalità e della meritocrazia, contro le tante zone d’ombra e, ça va sans dire, contro le insopportabili pratiche del nepotismo e dell’illegalità di cui da troppo tempo soffre il cinema italiano.

Piero Tomaselli - 
Roma


                                                             Vincenzo Cerami


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