mercoledì 31 luglio 2013

Tagliare ministeri e assessorati alla cultura per il bene dell'arte

"Ciò che fa di un uomo un uomo è la sua capacità di sottrarsi al determinismo della propria nascita".
Montesquieu

Non servono ministri o assessori alla cultura per occuparsi della diffusione e intermediazione delle ricerche artistiche contemporanee.
 Assessori e Ministri alla cultura, potrebbero servire in quei luoghi e quei paesi privi della cultura artistica o timorosi di non averne (sempre che paesi del genere esistano).
Cosa è la cultura artistica se non qualcosa che si inventa o si elabora per strada?
Le società, tutte le società umane, non stanno ferme e non è detto che debbano adottare novità esterofile in modo supino e ossequioso per mezzo di un ministero o un assessorato; le società rielaborano tramite i loro artisti e possiedono qualcosa che è comunque loro.
 I cantieri culturali e artistici restano sempre aperti, realmente non esistono i tagli alla cultura.
Il tessuto sociale di chi subisce o dovrebbe subire passivamente è sempre abbastanza resistente ed è difficile addomesticarlo o integrarlo; culture e ricerche artistiche sono cantieri che hanno gli artisti come unici "addetti ai lavori", loro sono gli infaticabili operai che montano e smontano il linguaggio dell'arte, continuamente trasformano la loro costruzione e il loro codice linguistico; la loro creazione è la reale rottura di un orizzonte, per questo non esiste creatività priva di evoluzione.
Nessun uomo è un isola e nessun artista è un isola in nessuna isola, perché nessuna isola è isola, vive e ridefinisce mutando nel tempo.
Il capitalismo elettronico inoltre spinge l'artista verso l'interazione con "comunità immaginate", gruppi di persone che pur non avendo mai interagito nella realtà del quotidiano a tre dimensioni, che finiscono per condividere una idea comune, questo muove il territorio dell'artista oltre limiti di diffusione territoriale, muovendolo verso immaginari complessi e ideali.
L'artista mobile, diffuso e connettivo è davanti a una incredibile presa di coscienza e consapevolezza, la sua monografia è una narrazione quotidiana densa, è un ricercatore protagonista e protagonisti autonomi sono  i suoi segni; la sua destinazione non è più un Museo ma il grande magazzino interconnesso e diffuso direttamente a domicilio.
La differenza è sostanziale, in un Museo l'opera la si osserva con distacco, si subisce il suo fascino (con leggerezza), ma con l'opera non si convive e lo spettatore non è con essa connivente, la rivoluzione è nello spettatore osservatore diffusivo e connettivo che come l'artista che osserva è diventato con cognizione di causa un prodotto esposto sullo scaffale del grande magazzino diffuso.

martedì 30 luglio 2013

Musei d'arte contemporanea? La distruzione di un territorio!

Musei d'arte contemporanea? La distruzione di un territorio!

Quello che preoccupa, quando si ragiona sulla forma Museo è il compito di rappresentare contenuti, valori culturali e storici, questo anche nella sua concezione dinamica e contemporanea.
In sostanza si tratta di uno spazio dalla profonda valenza politica, che finisce per fissare dei concetti di spazio e di tempo storico; il bluff degli spazi d'arte contemporanea è nel fatto che un Museo non è altro che uno spazio di cose morte e un museo d'arte contemporanea non può essere altro per sua struttura semantica e culturale che una idea di cosa nata morta.
Il Museo ha il compito di sottrarre gli oggetti alla distruzione del tempo, per questo è folle pensarli nel contempo se non come detonatori di confusione generati da scontri d'interessi privati e politici.
Il Museo d'arte contemporanea nasconde una perdita e esorcizza una assenza, il Museo nasce quando scompare qualcosa, un Museo d'arte contemporanea attesta la scomparsa dell'arte contemporanea.
In un Museo non hai oggetti con cui instaurare un rapporto vivo, attesti che stanno morendo, un artista vivo esposto in un museo dovrebbe sentire il suo lavoro mortificato.
Un Museo sul territorio e per il territorio, attesta la scomparsa vitale di quel territorio e ne vuole conservare il passato (il contemporaneo può essere questo?).
Un Museo è un punto di vista se non unico non molteplice, quale è l'identità che allora rappresenta?
La stessa denominazione di un Museo non può essere priva d'implicazioni politiche, in sintesi, preoccupa quando un ente propone la cultura come categoria amministrativa; non si possono trasformare esperienze e interazioni in parole e regole.
I Musei d'arte contemporanea mi hanno sempre fatto pensare a 1984 di Orwell, manipolazione del passato in funzione del presente per influenzare il futuro; nodi di rete di impianti d'aria culturale condizionata che attraverso media specializzati determina limiti e impone una visione comune; una colata dall'arte che legittima schemi desiderati da chi li cola condizionando il pensiero.
Un Museo d'arte contemporanea nel territorio è memoria, ma anche oblio, l'oblio è un errore storico che diviene un fattore essenziale nella nascita di un Museo; si individua un patrimonio comune ma se ne dimentica una congrua parte, insomma è un errore comune.
Quale è il senso di un Museo d'arte contemporanea davanti all'accelerazione della storia? le distanze sono state annullate e il tempo lo si voglia o no ha prevalso sullo spazio!
I Musei d'arte contemporanea ledono gli artisti che realmente vivono il territorio, hanno la pretesa di rendere istituzionale e controllare i linguaggi dell'arte, snaturano e relegano a usi esclusivi e visibili, prigioni del linguaggio che rappresentano otticamente e spazialmente il controllo dell'uomo sull'individuo, espressioni di forza dove l'agire prevale sulla ricerca e sulla cultura come essenza condannandola all'assenza.

Lo "Smalto urlante" di Carlo Sain, Tavor Art Mobil nr.14


Tavor Art Mobil n.14

Gennaio – Giugno 15

“Flash art is on fire”

Performance di apertura a cura di Marco Lavagetto, simbolicamente verranno bruciate delle copie di Flash Art prima di cominciare il giro.

“Lo smalto urlante” di Carlo Sain

Pasquale Di Caterino , Fathi Hassan, Sandro Chia, Domenico Cantatore, Lucio Fontana e Pino Pinellii.


venerdì 26 luglio 2013

Flash Art è le "nostre radici"


Flash art è le “nostre radici”.

Direttore amato,
nei propositi ideali e ideologici, l’idea di Musei provinciali sarebbe condivisibile, io stesso da anni faccio nei limiti di quelle che sono le mie possibilità, una campagna ininterrotta a sostegno di libere  ricerche artistiche, loro malgrado sommerse e scartate dalla produzione  del sistema dell’arte per cui l’abbiamo conosciuto fino a qualche tempo fa (c’è una incredibile mutazione in corso derivante dal cambio di rotta dell’economia globale di cui nessuno può prevedere gli effetti); verissimo che molti artisti hanno lavorato benissimo, prodotto linguaggi artistici compresi e inediti nel territorio dove hanno operato, verissimo che di loro non resterà traccia (in programma nella Tavor Art Mobil abbiamo nomi come Remo Brindisi, Franco Chiatti e Beppe Serafini, chi se li ricorda? Lei li ricorda?).
 Ma è anche vero che la risposta a questa immensa problematica non la si può demandare a “addetti ai lavori” nel senso classico del termine, i quali ben sappiamo come si muovano tra equilibri politici locali e ammiccamenti a facoltosi privati (non sempre locali), questo crea già di per sé una discriminante storica.
Il bandolo della matassa non può essere in una richiesta d’aiuto rivolta alle amministrazioni locali, bensì è nelle mani di quei privati che con questi artisti hanno vissuto e li hanno amati, che ne hanno condiviso e vissuto la ricerca, per questo io ritengo che lei, da privato e Direttore della rivista d’arte più autorevole d’Europa, possa fare molto di più di un ennesimo appello per un inutile Museo locale, in fondo anche questa è stata una ragione “storica” della nostra contesa.
La smetta di pensare al sistema dell’arte che è stato, alla classica forma Museo, contribuisca a smuoverlo lei, da privato e da operatore culturale “addetto ai lavori”.

Mimmo Di Caterino
mariopesceafore@hotmail.it

giovedì 25 luglio 2013

Flash Art nr.311 Luglio - Settembre

Caro Direttore,
abbiamo letto sul n. 311 luglio/settembre della “sua rivista”, la risposta ai dubbi esternati da Domenico Mimmo Di Caterino riguardo al suo appello, affinché in Sardegna, come in altre regioni, ci si sforzi per creare un Museo Regionale che non ospiti solo rimasugli di pezzi minori di artisti nazionali. Di Caterino nella sua lettera, lodando l’iniziativa, ricordava le trappole e irischi che si corrono nella formazione di collezioni permanenti, che risultano, per ovvie ragioni, condizionate da criteri soggettivi e spesso clientelari e, purtroppo circoscritte, rispetto a realtà molto più vitali operanti nell’isola, che possono, invece essere riscontrate da uno sguardo più ampio, meno controllato e indirizzato dalle istituzioni. Lei come direttore della sua rivista, ha tutto il diritto di esprimere le sue idee sull’arte e su qualsiasi altro argomento di cui le aggradi dare opinione. Lasci che però la rassicuriamo sullo stato delle strade in Sardegna, attualmente tutte incatramate per cui non dovrà percorrere alcuna strada impolverata per raggiungere nemmeno il più nascosto e piccolo paese dell’isola. Potrà mantenere le proverbiali sette camicie profumate di bucato. Non si preoccupi, poi, caso mai decidesse di avventurarsi in terra sarda. Faremo un appello agli eventuali spazi dove ancora occorre salire scale impervie per vedere cosa combinano quattro giovinastri sfortunati e mediocri, affinché si dotino, d’ora in avanti, di adeguati montacarichi.


Michele Mereu e Chiara Schirru (Askosarte)
 

martedì 23 luglio 2013

Noi, artisti di cattivo gusto, contro le macerie di un sistema da rimuovere con urgenza

Noi, artisti di cattivo gusto, contro le macerie di un sistema da rimuovere con urgenza.

Esiste dalla fine del secolo scorso, un nuovo pubblico dell'arte contemporanea, delle sue ricerche e dei suoi linguaggi, si materializza in maniera bidimensionale, attraverso il web, e che attraverso le stesse connessioni del web che diventano reali, diviene tridimensionale e reale.
Le esperienze connettive creano movimento reale, tra gli artisti stessi e chi li osserva, lo spettatore diventa in questo scambio d'informazioni fondamentale, è in cerca di uno specchio etico che diventa conoscendo la vita e la ricerca dell'artista parametro estetico di giudizio, privato e pubblico perdono limiti e confini e insieme tendono alla conoscenza e alla consapevolezza di un linguaggio trasversale a interessi e ideologie.
Questo è il processo che inoltra nella propria avventura di ricerca auto espressiva lo spettatore e l'artista, questa è la connettività che in tempo reale sta creando la messa a nudo della messa in scena, non solo del sistema dell'arte per come l'abbiamo conosciuto fino a ora, ma anche del dramma della stabilità sociale, che di fatto, a oggi, ha confinato linguaggi artistici al servizio del potere economico e politico.
Siamo davanti a un cambio di prospettiva nella trasmissione dell'arte, intesa come arte e come linguaggio, prospettiva contemporanea che coinvolge contemporaneamente tutti i sensi e come una porta attraversa il piatto pattume bidimensionale, questo processo di interfaccia consegna al soggettivo realmente e tridimensionalmente l'arte e il linguaggio a misura di spettatore,

"Cosa gli piace? 
Gli piace ciò che può dipingere".
Nietzche

Questa confluenza linguistica e contemporanea di sensi, riconsegna l'arte all'artigianato, ma non all'artigianato industriale, ma a quell'artigianato artistico che combatte specializzazioni e frammentazioni che lo stesso artista artigiano richiede; l'artigiano artista è colui che torna padrone del suo scrivere, del suo disegnare e del suo incidere con il suo linguaggio le sue opere.

"Nessun uomo può abbracciare l'arte vera finché non abbia abbracciato e espulso l'arte falsa".
W.Blake

La connettività libera lo spettatore e l'artista-artigiano che riescono a entrare in diretta connessione con i processi dell'arte contemporanea, libera entrambi dai limiti del buon gusto; buon gusto che altro non è se non un peccato di omissione che esclude la diretta consapevolezza di forme e situazioni.

Il limite del buon gusto è stato, che dal dopoguerra del secolo scorso a questa guerra del secolo in corso,  il rifugio principale di chi ha fatto l'artista senza esserlo mai stato, è stata l'ultima risorsa dell'artista fallito che abbiamo tutti noi, nostro malgrado subito.

Il buon gusto è stato l'anestetico del pubblico pagante, la nicchia del critico che da Baudelaire e Apollinaire  in poi, è sempre stato una nullità percettiva davanti ai linguaggi dell'arte.

Il buon gusto è l'espressione della colossale incompetenza mascherata di professionalità, è la finzione del pubblico raffinato che coltiva in questa maniera, attraverso la sua rete, interessi snob.

Il buon gusto è la risorsa più ovvia dell'insicuro.

Il buon gusto è proprio degli addetti ai lavori che hanno come unico merito quello di rappresentare gli interessi e gli abiti dell'Impero economico del nuovo ordine globale dell'arte contemporanea privatizzata.

Il buon gusto è la strategia efficace del mediocre pretenzioso.

In fondo in fondo, l'addetto ai lavori oggi chi è? Colui che si è specializzato e fuso in maniera acritica con la massa (che critico è?); le regole di questo millantatore "addetto ai lavori" sono fornite e determinate dai suoi stessi colleghi, con il suo stesso punto di vista, questo è l'ambiente del pensiero unico pervasivo del pervasivo, nessun senso critico e neanche consapevolezza.

L'epoca del web 2.0 torna a consegnare ai linguaggi dell'arte quello che avevano conquistato nell'età moderna e nella rivoluzione industriale, rivela la truffa del contemporaneo fatto museo, la ricerca artistica e i suoi linguaggi tornano a essere sondaggio a discapito del prodotto preconfezionato. Il prodotto resterà, ma sarà del consumatore; il processo attraverso sondaggio sarà invece del ricercatore e dello sperimentatore.
Sperimentatore che si prepara alla messa alla gogna delle stesse logiche del web 2.0, forte del fatto che "qualsiasi tecnologia si dissolve sempre con il coinvolgimento dell'utente nella tecnologia precedente" (M.Mc Luhan); tradotto vuole dire che la spinta iconica del web 2.0 nasce già sepolta sotto le macerie di vecchi spazi Accademici di un sistema dell'arte fortemente privatizzato che hanno l'urgenza di essere rimossi.





Il muro del pianto, 2013




giovedì 11 luglio 2013

Lettere al Direttore: Artisti italiani penalizzati?

Direttore amato, rivela una tenera ingenuità che sembra farla vivere nel paese dei balocchi.
Quante volte abbiamo discusso del handicap degli artisti italici nelle nostre missive private?
A memoria mia da molto prima che diventassi un collaboratore della sua storica testata; che il mercato globale con le sue case d'asta polo snodate verso gallerie private che fanno leva attraverso curatori iperspecializzati nella determinazione della qualità del pubblico evento istituzionale nell'interesse del privato, sia un grosso distorsore della qualità complessiva locale di una ricerca artistica, è una cosa che le scrivo da anni, il fenomeno è semplicemente amplificato in una nazione come la nostra in ineluttabile e irreversibile crisi economica, destinata solo a peggiorare; che impoverisce anche il facoltoso privato (gallerista o collezionista che sia), che con maggiore difficoltà si relaziona al mercato europeo e statunitense delle case d'aste Londinesi, statunitensi e parigine che indicano la rotta dell'investitore.
Da quanto tempo le parlo e scrivo di artisti sommersi e scartati di produzione, di qualità, impossibilitati a emergere e vittime di un mercato globale eterodiretto e imposto che ha come unica cultura quella di non evadere dai parametri della sua auto-convenienza?
Mi spiace che lei stia comprendendo questa perversione che debella preventivamente la diffusione e la progressione delle ricerche artistiche in Italia, ma mi rattrista anche che tra le righe lei legga come unica ancora di salvezza il confronto internazionale che è vittima predestinata del mercato globale; con le sue effimere e iperquotate mode (vedi Chia e gli altri artisti della Transavanguardia con un listino prezzi in ribasso da anni ai danni dell'investitore) e le sue omissioni che nulla hanno a che vedere con la qualità.
Spero riesca a comprendere il problema generale e cominci a usare la sua testata in maniera scientifica, leggendo la complessità del sistema dell'arte in tutti i suoi frattali che in Italia hanno finito per impoverire e ghettizzare la pubblica diffusione della cultura.
La saluto con immenso affetto e tenerezza in attesa di sue illuminazioni successive.

Dal sud ovest della Sardegna, mi basta che lei sappia chi sono (o non sono) io.



Claudio Parentela per la Tavor Art Mobil


TAVOR ART MOBIL (La prima galleria di movimento artistico mobile in automobile):

"Grazie alla macchina, il viaggio, occasione di scoperta, di scambio e di esperienza culturale, si è trasformato in un rapido passaggio attraverso panorami omologati e irriconoscibili, vissuto in solitudine e senza nessun rapporto diretto con l'ambiente. Il rapporto con la macchina dà l'opportunità di vedere, sentire ed interagire pur restando sostanzialmente solo. Si tratta di una garanzia virtuale di potere possedere il mondo e con-prenderlo nella sua interezza, semplicemente stando seduti davanti ad uno schermo ".
Carlo Bordoni, La società insicura

“L’uomo odierno differisce da suo padre in quanto vive in un presente “che vuole dimenticare il passato e non sembra più credere nel futuro”. Ma la memoria del passato e la fiducia nel futuro sono stati fino a oggi i due pilastri su cui hanno poggiato i ponti culturali e morali tra fugacità e durabilità, mortalità umana e immortalità delle azioni umane, nonché tra assunzione di responsabilità e filosofia del carpe diem”.

Zygmunt Bauman, Modernità liquida
"Il punto centrale non è tanto convincere o spiegare ma toccare le insoddisfazioni che ci sono già, allora l'arte, il teatro, la musica svolgono un ruolo importante. Questo è sicuramente il motivo per cui l'elemento estetico delle manifestazioni di rivolta ha iniziato ad avere un ruolo importante negli ultimi anni. Il teatro, la poesia e l'humour sono stati un elemento chiave per gli zapatisti e altri movimenti: non strumenti del movimento ma elemento centrale del movimento stesso".
John Holloway, Crack Capitalism


“L’idea progettuale è quella di creare “movimento” virale a bordo di una automobile che trasporti energia artistica, una installazione mobile di sinergie di processi di ricerca artistica, una risultante vettoriale di forze attive di artisti in movimento, non prodotti ma letture di processi che rinnovino energie per rappresentare un altro sistema dell’arte. Navigatori di rotte semantiche che stimolino la comprensione dei fatti artistici contemporanei oltre le logiche del mai libero mercato privatizzato”.
 Il vostro critico Tavor



Tavor Art Mobil nr.13

7 Settembre –  31 Dicembre 2014:

Pablo Echaurren (Premio ricerca pittorica Tavor Art Mobil 012)
Feat  Claudio Parentela, Antonello Roggio, Mario Pugliese, Giacomo Bresciani e Ugo Giletta

In automobile: Michele Mereu e Chiara Schirru


domenica 7 luglio 2013

PETER P. IPPA E LE SUE INCURSIONI DI ARTE A PERDERE

VISTO IL LUNGO PERIODO DI STANCA DEL BUON PETER P.IPPA UN CERTO GIORNO , UNA DOMENICA MATTINA PRESTO, HA DECISO DI DARE IL VIA ALLE SUE NUOVE PERFORMANCE ARTISTICHE ALLA FACCIA DEL SISTEMA DELL'ARTE , COSI' E' ANDATO ALLA FONDAZIONE VOLUME ACCANTO AL CARCERE REGINA COELI E HA LASCIATO UN ASSEMBLAGGIO DI FOTOCOPIE COLORATE NELL'INGRESSO DELLA MEDESIMA , DOPO DI CHE HA PURE TELEFONATO A FRANCO NUCCI , IL PRESIDENTE , IL QUALE HA DETTO DI NON SAPERNE NULLA, MORALE? E' STATA PROPRIO UN AZIONE DI LOST ART , MAGARI GETTATA VI A OPPURE CONSIDERATA UN FASTIDIO, VISTO CHE LA SERA SI INAUGURAVANO 15 DI VOLUME E ALLORA GLI AUGURI COSI ' NON VI PIACCIONO? DOPO UN FERMO DI UNA PATTUGLIA DI POLIZIA E RELATIVA SPIEGAZIONE SI E' DIRETTO A VIALE SOMALIA DA NOMAS FOUNDATION UN LUOGO CHE PROPONE COSE INTERESSANTI E HA LASCIATO UN NUOVO ASSEMBLAGGIO SULLA SARACINESCA, PER POI ANDARSENE AL MARE SODDISFSTTO DE 'FATTO ' SUO E QUESTO E' NIENTE AMICI A PETYER JE PUZZA ER CULO....

Tavor Art Mobil, route n.9: Start.

mercoledì 3 luglio 2013

Andrea Diprè presenta la Tavor Art Mobil


Grande Andrea Diprè che ha condiviso la nostra idea di "opera d'arte mobile".
Avevamo bisogno di un’ulteriore terribile e temibile arma critica per la guerra in corso tra i conservatori dell'attuale sistema dell'arte che in nome di una finta innovazione e produzione occulta e omette libere ricerche artistiche, in nome dell'interesse di pochissimi; e gli artisti liberi professionisti che rifiutano intermediazioni e rappresentanze. 
Ci siamo così rivolti all'unico critico e storico realmente virale e contro il sistema privatizzato dell'arte contemporanea.
Negli anni ha saputo di fatto ridicolizzare la critica d'arte partitocratica e privatizzata imposta, il vero Baudelaire dell'arte contemporanea, anche nell'uso diffusivo e virale dei nuovi media integrati.


lunedì 1 luglio 2013

La magia del rituale artistico

L'attività artistica è una delle forme più antiche di guarigione.
 Le arti visive sono da sempre forme di comunicazione per le aspirazioni collettive dell'umanità.
L'arte può servire come decorazione o essere esposta, ma il suo scopo principale è la comprensione del sé.
I simboli nell'espressione artistica sono universali, questo è sicuro, ma modalità e linguaggio espressivo sono personali, il linguaggio artistico è figlio del proprio retroterra e esperienze di vita; influenze culturali e prospettive personali.
 L'artista che produce linguaggio è l'unico depositario del reale significato delle sue immagini, lui ci fornisce i dati d'accesso al sapere (il suo) e a quello in cui crede o crediamo.
L'impulso del gesto artistico è un bisogno umano fondamentale, naturale quanto il linguaggio orale e l'interazione sociale.
Da 20000 anni l'uomo produce immagini a scopo magico prima che decorativo e che si voglia o no, immagini prodotte da culture antiche e moderne presentano affascinanti somiglianze formali e di significato, segni e figure simili compaiono in culture in ogni parte del mondo (la globalizzazione naturale del linguaggio artistico), esiste una simbologia comune dell'arte oltre il contatto reciproco.