venerdì 25 luglio 2014

IDENTIFICARE IL NEMICO: AGIRE PER ABBATTERLO. di G.Angelo Billia

IDENTIFICARE IL NEMICO:
AGIRE PER ABBATTERLO.

di G.Angelo Billia  


Non sono del tutto sicuro che, sulla questione della controriforma costituzionale, i testi, anche critici, che appaiono ad opera di personalità della politica e della cultura, siano sempre digeribili a chi quotidianamente, vuoi per ragioni legate ad assilli contingenti dell’esistenza, vuoi per l’abitudine indotta dai media a ragionare per slogan, ha perso l’attitudine all’approfondimento.
E’ una questione che coinvolge sia chi ha “votato” non votando, sia chi, al contrario, ha votato conferendo una qualche rappresentatività, seppure minoritaria in rapporto alla platea degli aventi diritto, alle forze politiche presenti in parlamento.
Quando le cosiddette riforme riguardano la Costituzione, cioè l’atto fondante della Repubblica, checché ne dicano i vecchi arnesi reazionari vestiti a festa, si tratta sempre di una limatura dei diritti, acquisiti dai cittadini e sanciti nella Carta.

 Per questa ragione sostengo che chi si presta, anche da posizioni critiche a queste modifiche è comunque da condannare, altro che Aventino.
 La Costituzione cessa di essere di tutti nel momento in cui una parte qualsiasi accede alla logica del cambiamento per ragioni di bottega, il resto, cioè le contraddizioni fra chi vuol “cambiare”, sono comunque inserite in questo contesto.
Il tutto diviene evidente se si pone mente alle “ragioni” che imporrebbero questa necessità imprescindibile.

 Si dice: “per garantire la governabilità”; “per dare autorevolezza al paese”; “ per acquisire credibilità internazionale”; fino a giungere alla barzelletta del risparmio economico. 
Ciò che omettono di dire accuratamente è che la Costituzione, nelle parti scomode per la classe dominante non è mai stata applicata e che la governabilità che stanno cercando è una fotocopia del ventennio fascista.

 Infatti quale migliore garanzia di governabilità di quella del partito unico e dell’uomo solo al comando? 
Per concretizzare il progetto che prevede lo smantellamento anche formale, della Costituzione, era necessario raggiungere alcuni obiettivi intermedi.

 Uno di questi era quello di tacitare la parte della magistratura che si ostinava, sia pure con contraddizioni non da poco, a credere e a muoversi nell’ambito dell’indipendenza prevista dalla Costituzione. 
E’ così che il massimo rappresentante dell’operazione “cambiamento”, Napolitano, in merito alla vicenda Mancino sollevava conflitto di attribuzione costituzionale.
Che volete, intervenire sulle numerose missioni di guerra italiane, o in merito al finanziamento pubblico alla scuola privata, ambedue elementi espressamente vietati dalla Carta non se ne parla, ma di rispondere o no ai magistrati impegnati in un’inchiesta sì. 

Insomma, un assaggio del “magistratura stai al posto tuo” che è alla base della prossima riforma della “giustizia”.
L’altro problema preliminare era costituito dalle organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori. Con CISL e UIL non c’era questione, da tempo avevano capito qual era il posto loro assegnato, c’era, invece, qualche residuo problema con la CGIL che da Luciano Lama in poi aveva sì accettato di farsi carico delle “esigenze della produzione”, ma manteneva qualche sacca di resistenza fra chi non aveva ancora ben capito cosa questo significava.

 Ecco, quindi, l’accordo sulla rappresentanza, che ha messo la parola fine ad ogni pericolo d’opposizione reale dei lavoratori.
L’altro fronte, apparentemente di poco conto visto il lavoro svolto in questi decenni per parificare repubblichini e partigiani, era quello dell’ANPI. 

E’ pur vero che i componenti del “partito unico” denominato recentemente PD hanno lavorato alacremente per confinare l’ANPI in una dimensione di pura rappresentanza iconografica. 
Resta il fatto che, pur con pregevoli prese di posizione di alcune realtà locali e di qualche singolo esponente, l’ANPI nazionale ha abdicato senza colpo ferire al dovere di custode della Costituzione che le competerebbe.
L’ultimo punto riguardava il fronte della sinistra molto cosiddetta comunista.

 Qualche posto al sole, la copertura ideologica del “non conti se non hai qualche posto al sole” ed ecco fatto, migliaia di “resistenti” che rincorrono le fole dei loro cadregari con l’aggiunta di qualche decina in lista d’attesa mentre milioni di uomini sono pelati vivi dalla borghesia.
Questa è, per sommi capi, la situazione nell’ambito della quale procede spedito il progetto di snaturamento della repubblica sorta dalla resistenza. 

Lo scopo del tutto è quello di garantire mano libera, senza ingerenze del popolo, nell’opera di spoliazione del paese, di imbarbarimento dei rapporti di produzione, di cancellazione delle libertà democratiche, della consegna del destino di un paese e del suo popolo nelle mani di chi, per il proprio tornaconto di classe ha già dimostrato di non arretrare neppure di fronte a milioni di vittime innocenti.
E’ questa la posta in gioco e fa specie l’apparente indifferenza con la quale buona parte degli eredi della resistenza sembra rassegnata a digerire il ventennio prossimo venturo. 

Mi domando, volendo essere realistico e rifiutando per principio di sentirmi tutore di qualcuno, qual è la soglia necessaria per indurre i più ad abbandonare la politica del coniglio. 
In passato il fioretto intellettuale si è trasformato in arma solo dopo la distruzione fisica del paese, le leggi razziali e qualche milione di morti. 
Oggi la strada imboccata ci riporterà a questo, per quanto appaia inverosimile a molte anime belle e per quanto possano esserne consapevoli o meno anche certi “riformatori”. 
Allora? Tutti sul carro dei vincitori o…

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