martedì 5 agosto 2014

T.A.M. Cagliari al Camo (Cn), Museo a cielo aperto.


Chi l'ha detto che l'arte ha un prezzo?
Chi ha detto che un linguaggio simbolico, affettivo ed emotivo per avere valore debba essere capitalizzato, venduto e svenduto?
Chi l'ha detto che il linguaggio di un artista per essere connotato, identificabile e riconoscibile necessiti della sua firma per l'autentificazione?
Si possono autentificare i segni, i gesti e le parole che l'umano produce nel suo quotidiano?
Di fatto, i segni che produciamo nel nostro quotidiano, non sono loro che identificano la nostra essenza? 
Il lungo percorso che si stiamo facendo con il Camo (Cn), il Museo a cielo aperto, diretto e curato dall'artista Claudio Lorenzoni, muove da queste domande e mira a dimostrare che un altro sistema e un altro linguaggio dell'arte contemporanea è possibile, restituendo senso e cognizione di causa allo spettatore, che con la sua interazione attribuisce e determina valore simbolico e poetico all'artista, in maniera innata e naturale, viaggiando a una velocità superiore, che oltrepassa, limiti, convenzioni, specializzazioni, mercati e quotazioni, addetti ai lavori e uomini d'ordine, chi l'attuale sistema economico globalizzato impongono ai linguaggi dell'arte, nel disinteresse totale dello spettatore.
Al Camo (Cn) i nostri lavori sono liberamente prelevabili dallo spettatore, che custodendoli ne determina il valore e imposta liberamente una sua collezione d'arte privata contemporanea, senza passare per nessun altro filtro che non sia il suo gusto.
Miriamo a creare un diverso flusso di comunicazione tra la ricerca artistica contemporanea e lo spettatore, farlo diventare protagonista senza filtro alcuno e lasciarlo libero di dire e determinare la propria idea dell'arte, empatia compresa nel "senza prezzo",.
Ragionando seriamente sull'arte il mercato preme per indignare ogni qualvolta si limita la libertà di provocazione dell'artista, lo spettatore?
 Non esiste, se non come motore per innescare critiche e sterili polemiche mediatiche.
 Tutto questo allontana l'arte dalla sua matrice originaria linguistica e la rende sempre più prodotto, i processi sono più divertenti e sempre in divenire.







"Ero presente al momento in cui tutti noi sfogliavamo le opere.
E' successa una cosa strana: in tutti noi deve essere scattato una specie di processo identificativo.
 Più o meno tutti, me compreso, abbiamo scelto tra le opere quella nella quale c'era qualcosa in cui ci riconoscevamo e non, semplicemente, quella che ci piaceva di più, elemento peraltro successivo ma solo conseguente".
                                                                                         Daniele D'Antonio










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