lunedì 24 novembre 2014

ELEZIONI E DEMOCRAZIA di G Angelo Billia.

ELEZIONI E DEMOCRAZIA 





Un tempo, quando la percentuale di votanti s’aggirava attorno al 90%, si bollava col termine qualunquista l’esigua minoranza che non aveva votato. 

Si potrebbe dire che i media di regime fanno di tutto per allargarla, ma non sarebbe una risposta confacente alle domande che si pongono.
Termini come democrazia elettiva e Repubblica democratica erano il faro che induceva i più a recarsi alle urne. 

I padri della Repubblica, i partigiani, ci hanno dato questa democrazia e il non voto costituisce un insulto, dicevamo. 
Sbagliavamo, trasformando il nostro desiderio in verità assoluta.
Fin da subito la Repubblica è divenuta dominio incontrastato della borghesia e del clero, attraverso i partiti che più li rappresentavano, quindi di quelle stesse forze che avevano creato e sostenuto il fascismo.

 L’operazione è stata resa possibile dalla mobilitazione del capillare apparato propagandistico che così egregiamente aveva sostenuto il ventennio.
Erano gli anni della Costituzione varata, ma “non ancora” applicata. 

Anni in cui si diceva: 
lo strumento c’è, è solo questione di tempo per portare nella stanza dei bottoni chi non ha mai governato. 
La “via italiana al socialismo” innestandosi sullo strumento democratico costituzionale, per molti era ancora la risposta possibile della classe lavoratrice al regime, il quale in realtà si stava restaurando giocando sull’equivoco.
L’apparato giudiziario, militare e burocratico del regime fascista, grazie anche alla munificenza “comunista” continuava ad operare indisturbato all’interno del nuovo Stato, mentre i combattenti partigiani venivano in gran parte restituiti allo sfruttamento dei vecchi, nuovi padroni.
Negli anni la Costituzione è rimasta fondamentalmente lettera morta, né poteva essere diversamente e la “via italiana al socialismo” è divenuta sempre più la scalata al potere borghese, da parte di un ceto politico sedicente comunista, che per anni si è arrabattato, di cedimento in cedimento, per acquisire credibilità nel suo servilismo.
La cosiddetta Europa unita, concepita per dare agio alla classe dominante di spogliare le masse lavoratrici, limitando le contraddizioni interimperialistiche che avevano portato allo scannatoio della seconda guerra mondiale, ha trasferito su scala europea il processo di normalizzazione del potere assoluto della borghesia.
Oggi più d’uno si appiglia ancora all’indignazione per lo svuotamento delle prerogative di rappresentanza democratica del parlamento. 

Lo stesso pronunciamento della Corte costituzionale lo rende illegittimo anche formalmente.
Vale però la pena, qualche volta, di por mente locale sulla democraticità di tale organismo anche negli anni precedenti al pronunciamento della Corte. 

Qual è il principio d’alternanza democratica di un organismo al quale si accede solo se non si è in radicale opposizione al sistema?
 Eppure una foto del Parlamento dal dopoguerra ad oggi, ci restituisce proprio l’immagine di opposizioni che, quando ci sono, lo sono sempre rigorosamente in compatibilità col sistema stesso, a prescindere dal colore politico che amano attribuirsi.
Non c’è nessun interesse da parte dei derubati, termine che non rende affatto il livello di prevaricazione delittuoso nel quale è tenuta la maggior parte della popolazione, nessun interesse oggettivo a cambiare il sacco con cui i ladri portano via il maltolto. 

Quindi è vano e deviante attribuire una valenza democratica al maggior o minore numero di votanti.
Si dovrà pur dire, prima o poi, che senza una società autenticamente strutturata democraticamente, il parlamento, mancando fisiologicamente dell’unica opposizione autentica, quella d’alternativa, finisce con l’essere esso stesso parte integrante del regime! 
Il regime e con esso le sue strutture istituzionali sono illegittimi e lo sono sempre stati.

 Lo si deve al fatto che i flussi d’opinione sono artatamente deviati su fattori secondari, che escludono qualsiasi serio approfondimento sulla natura stessa della democrazia. 
Ciò è reso possibile da due fattori concomitanti ed interconnessi, il primo è costituito dall’assillo della sopravvivenza, che chiude quasi ermeticamente la possibilità di pensare in modo organico un po’ più in là del pranzo e della cena, il secondo è il monopolio borghese dei media, che propone anche le cose più inverosimili come verità provate.
Una gigantesca distrazione di massa, paragonabile senz’altro a quella che ha permesso al fascismo di trascinarsi dietro buona parte della popolazione, fa sì che non ci si renda conto che, sul piano nazionale, l’operazione patrocinata da Napolitano è il sigillo di un processo iniziato nelle segrete stanze, quando ancora non era scritta la parola fine al nazifascismo europeo.
Superando anche formalmente, la mai applicata Costituzione democratica, in nome degli interessi della borghesia europea e non solo, si attua un progetto teso a confermare l’assoluta sudditanza delle masse lavoratrici agli interessi del capitale.
Non sempre il mancato voto sottintende una comprensione dell’imbroglio e certo, di per sé non aiuta a costruire l’alternativa, ma certamente denota delle crepe nel meccanismo truffaldino costruito per ingannare tutti.
Fingere che tutto questo preluda ad un rafforzamento delle possibilità reali dell’alternativa al sistema e pensare che ciò si possa fare senza l’organizzazione politica di classe, è il modo più sicuro per dare una mano alla borghesia e sospingere milioni di dissenzienti nelle mani del populismo fascista.




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