martedì 28 aprile 2015

"‪#‎SaDie‬ ‪#‎Indipendenza‬ ‪#‎NoAlNucleareInSardegna‬" Gavino Sale


SA DIE, OE.


All'indomani del terremoto e del disastro alla centrale nucleare di Fukushima nel marzo del 2011, che impressionò profondamente tutto il mondo, la Sardegna fu la prima nazione chiamata ad esprimersi, tramite referendum consultivo, circa l'installazione o meno di centrali e lo stoccaggio di scorie nucleari sul proprio territorio.
Il risultato fu un plebiscito straordinario: il popolo sardo disse chiaramente no con il 97,13% dei voti ad ogni ipotesi di utilizzo del suolo sardo per attività che avessero a che fare con il nucleare.
Quattro anni dopo, il 28 aprile 2015, il Consiglio regionale si riunisce in seduta solenne in occasione della ricorrenza per "Sa Die de sa Sardigna", e discute inoltre cinque mozioni che esprimono ancora una volta parere negativo sull'eventualità di creare in Sardegna la sede del deposito italiano di rifiuti radioattivi a bassa e media attività.
I due eventi ci spingono a fare alcune considerazioni sullo stato dell'arte dell'Autonomia.
Non sfugge una paradossale contraddizione: nonostante il popolo sardo e le sue istituzioni si siano in più sedi già espresse sulla presenza del nucleare in Sardegna, ad oggi l'Isola non possiede alcuna sicurezza affinché quanto stabilito per volontà del popolo venga rispettato. Quanto vale la nostra Autonomia?
Quanto conta davvero l'esercizio democratico referendario dei sardi di fronte agli interessi dello Stato italiano?

Sa Die può diventare una circostanza significativa di profonda riflessione su un trinomio, ovvero il rapporto tra Autogoverno-Democrazia-Libertà nella Sardegna di oggi, a più di due secoli dai Vespri Sardi.
Il dato certo è che l'Autonomia non mette al riparo l'Isola da questi pericoli. Per questo è essenziale un passo in avanti verso l'autogoverno così come sta avvenendo in Scozia, perché il 97,13% dei sardi potrebbe valere nulla di fronte ad una decisione presa a Roma.
E' questa la Sardegna che avrebbe voluto G.M. Angioy?
Vogliamo essere un popolo a cui viene negato lo strumento democratico come metodo di decisione politica e veder abolita di fatto la libertà di scegliere il nostro destino?
Intorno a questi temi la Giunta e l'intero Consiglio regionale non possono più girare lo sguardo dall'altra parte.
Questi sono nodi irrisolti della storia della Sardegna, problematiche che 60 anni di Autonomia non hanno risolto.
E' bene che la massima Assemblea nazionale sarda prenda una posizione netta in linea con quanto stabilito dal referendum del maggio 2011. iRS appoggerà un voto congiunto che unisca il Consiglio nel dire NO al nucleare, oggi come ieri.
Tuttavia dire "no" non basta più, pertanto le istituzioni sarde hanno il dovere di proteggere e far rispettare la volontà dei cittadini sardi dichiarata attraverso il referendum del maggio 2011.
E' necessario l'autogoverno per costruire la strada verso l'indipendenza. 
Senza nucleare.


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