mercoledì 27 maggio 2015

ANDIAM, ANDIAM, ANDIAMO A VOTAR! di G Angelo Billia


ANDIAM, ANDIAM, ANDIAMO A VOTAR! di G Angelo Billia



Sporcarsi le mani, questa frase in voga negli anni settanta, di derivazione PCI e sindacalese, era il capolavoro dialettico destinato a coprire il lavorio di chi aveva nel mirino del suo impegno la gestione dello Stato capitalistico. 
Ribadiva la pulizia di chi s’apprestava all’opera, e attribuiva agli altri la responsabilità dello sporco.
Per molti, in qualche caso col senno di poi, la sostanziale falsificazione insita nella frase si rese evidente con il dipanarsi del “farsi carico” dei problemi dello Stato del capitale, per il PCI, e delle “esigenze della produzione” nell’”ottica” padronale, per il sindacato.
Gli anni sono passati e ormai, da lunga pezza le mani pulite sono indistinguibili da quelle sporche. 
Lo vedono quelli che nella prima fase erano confusi, e lo vedono quelli che un tempo erano i rappresentati di riferimento per le mani pulite: i lavoratori.
Purtroppo permane uno zoccolo duro di irriducibili, i quali, sia pure con linguaggio meno obsoleto, insistono pervicacemente con l’idea di “sporcarsi le mani”, identificando in questo l’unica possibilità di continuare ad esistere.
Immagino gli strali di costoro mentre peseranno le cifre dell’astensionismo. 
Pochi, veramente pochi, saranno in grado di capire che l’allontanamento dalle urne si deve anche a ciò che loro stessi hanno e non hanno fatto. 
Preferiranno parlare di qualunquismo dilagante e dell’ignoranza della gente, senza che li sfiori l’idea che l’istituto elettorale, in mancanza di alternative reali non ha nessuna valenza di cambiamento.
La natura profonda del modello capitalistico è ormai scolpita nella carne viva dei lavoratori e non saranno gli eletti che si “sporcano le mani” a cambiarla, anzi.
 Non c’è spazio per coltivare illusioni riformistiche, al punto in cui siamo o scendiamo dal carro della borghesia, o accettiamo d’essere identificati come strumenti della stessa, non esiste alternativa diversa.



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