mercoledì 15 luglio 2015

Varoufakis e Tsipras? La politica comunista è altra cosa.

"Varoufakis e Tsipras? La politica comunista è altra cosa." di G Angelo Billia

SENTI VAROUFAKIS,
prima che i tuoi estimatori riescano a capire cosa vuoi, te lo voglio dire. 

Ho letto la tua intervista inglese e quant'altro e tengo a dirti che le tue differenze rispetto a Tsipras sono esclusivamente di metodo, mentre l'approdo a cui tutt'e due aspirate è lo stesso. 
Sarà molto chic definirsi marxisti, ma converrai che non basta per far digerire il capitalismo come approdo naturale dei popoli, compreso il tuo.



Cari amici di Rifondazione, 
forse da giovani, magari fra una campagna elettorale e l'altra, fra un progetto interclassista e l'altro, magari durante l'adorazione del “modello” di turno, fantasiosamente considerato possibile traino della vostra resurrezione, oppure nelle pause delle affannose giustificazioni, delle cazzate amministrative approvate grazie ai vostri eletti, una volta, almeno una volta, qualcuno vi ha mai parlato delle contraddizioni fra capitale e lavoro e di lotta di classe? 
Perché continuate ad ispirarvi a modelli che, a prescindere dall'età dei portavoce sono talmente morti da avere superato anche la fase della putrefazione?
E’ possibile non vi venga neanche il sospetto che tutta l’impalcatura giustificativa dell’operato di Tsipras contenuta in questo pezzo, è tratta pari, pari, dalla convinzione dell’ineluttabilità dell’applicazione delle regole capitalistiche? 
 E’ appena il caso di ricordare che gli ultimi dati italiani parlano di oltre quattro milioni di persone in povertà assoluta e di una sostanziale conferma della disoccupazione abbondantemente oltre il 12%. 

Se poi non bastasse, a proposito di vita e di morte, ricordo che non passa giorno, da anni, che in Italia non si suicidi, per problemi legati all’austerità, una media di tre, quattro persone. 
Comunque, assodato che la situazione greca ha precise corrispondenze in altri paesi, fra cui l’Italia, non si capisce da cosa deriverebbe l’autorevolezza delle sue tesi. 

Certamente non dal monopolio della sofferenza.
Trovo poi, del tutto fuori luogo un discorso incentrato sul non tradimento di Tsipras, per la semplice ragione che chi lo definisce traditore non ha mai preso visione dei suoi dieci punti programmatici. 

Infatti considero Tsipras coerente con l’immagine di borghese illuminato contenuta nel suo programma.
Fa specie, invece, che lo stesso estensore, pur tenendone conto, non faccia riferimento chiaramente a quel programma. 

Cos’è, un contributo per tenere la situazione in termini talmente ambigui da renderla comunque accettabile da un punto di vista comunista?
Può darsi che ci siano ragionamenti o critiche che vengono anche dai divani, ma francamente faccio fatica ad immaginare, il censore che scrive l’articolo, mentre rintuzza con una mano gli attacchi della polizia della troika.
Ecco, forse prima di dare dei marxisti della domenica, nullafacenti e confusi, a chi critica, (chiarisco ancora che non concordo con la critica attaccata nel pezzo), occorrerebbe por mano all’analisi marxista. 

Ne dubito, ma qualcuno potrebbe anche rendersi conto che, a forza d’inseguire chimere gentilmente messe a disposizione dalla borghesia, la strada che ha intrapreso lo porta, solo ed esclusivamente, alla rinuncia a qualsiasi ipotesi di ribellione strutturata e a qualsiasi idea d’alternativa di classe.
Se si vuol fare della poesia va anche bene, ma per favore, lasciamo perdere la politica comunista e l’analisi marxista, sono un’altra cosa.

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